L’uomo che sapeva amare. Capitolo 6: Marta

Contiene scene di sesso esplicito, si sconsiglia la lettura ai minori.

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Mercoledì, Marta. Mentre guidava verso casa sua, pensò a quanto fosse stato efficiente nell’organizzare la settimana. Aveva cominciato bello carico, dopo le settimane di pausa che si era concesso, con l’impegnativa Alessia, si era ricaricato con Paola ed ora era pronto per divertirsi con Marta.

Gli incontri preliminari non servivano solo a scoprire le esigenze delle donne che si rivolgevano a lui, ma in primo luogo servivano a conoscerle di persona e decidere se accettarle o meno come clienti. All’inizio, gli era capitato di accettare una donna che non gli stava molto simpatica, talmente frivola e superficiale da non riuscire a provare alcuna attrazione fisica: anziché desiderarla la detestava e questo ebbe gravi ripercussioni sulla sua prestazione, anche se imparò a fingere un orgasmo. Da quel giorno, accettò solo clienti con cui riusciva ad instaurare un feeling, quelle per le quali era disposto a dare tutto se stesso per gratificarle.

L’intesa che si era stabilita da subito con Marta andava ben oltre la simpatia. Minuta, sul metro e sessanta, magra, i capelli corti con una frangetta sbarazzina come il rosso acceso della tinta, gli occhi verdi e sempre sorridenti, aveva superato indefinibilmente i trent’anni ma ne avrebbe dimostrati ventisette ancora a lungo. L’allegria era il suo tratto caratteristico, senza che questo la facesse mai passare per stupida. Socievole e ironica, si godeva la vita con consapevole leggerezza. Non aveva inibizioni né falsi moralismi, mettendo spesso in imbarazzo le persone intorno a lei. Una di quelle volte fu l’addio al nubilato di una sua amica, quando decise di regalarle un incontro con lui per svezzarla bene prima del matrimonio, visto che sposava il suo primo ed unico ragazzo. Ma non poteva mandarla con uno sconosciuto, quindi lo provò prima lei. Presentandosi all’incontro senza fardelli personali da risolvere, il suo unico scopo era verificare se potesse affidargli la quasi-verginità dell’amica e, per farlo, c’era un solo modo: scoparlo fino ad essere esausta per mettere alla prova tutte, o quasi, le sua abilità di amante. Lo scambio di ruoli e posizioni di quella prima volta potrebbe essere considerato l’indice o il riassunto di quello che avrebbero fatto negli incontri successivi. Si era divertita ed aveva goduto, come non le era mai capitato con i suoi coetanei. Non era una questione di esperienza o di età, la differenza stava nel suo atteggiamento: con lui era libera da tutte quelle convenzioni che regolano la vita sociale, come preoccuparsi delle conseguenze emotive o pratiche del fare sesso con conoscenti. Era uno spirito libero e con lui si sentiva senza catene, avrebbe potuto persino innamorarsi. La faceva pagare alla fine, per evitare a sua volta complicazioni, per quanto sarebbero state complicazioni che avrebbe potuto anche accettare.

Quando arrivò a casa sua, trovò il cancello accostato come gli aveva detto. Anche la porta di casa era aperta e la chiuse cercando di fare abbastanza rumore da farsi sentire senza sbatterla. Una voce dall’altra stanza lo invitò a raggiungerla. Era strana, sembrava Marta ma non era vispa come al solito. Un risolino lo tranquillizzò, anche se non era certo che provenisse da lei. C’era comunque qualcuno che si stava divertendo, era positivo. Entrò nel salotto e lo spettacolo che gli si presentò davanti fece sorridere anche lui.

“Finalmente sei arrivato, ti stavamo aspettando!”

Era sul divano, nuda, a gambe spalancate, con una testa fra le cosce che gliela stava leccando.

La testa era di Daniele, come il resto del corpo nudo accovacciato per terra fra le gambe di Marta. Era passato senza avvisare, per un caffè, mentre lei si stava preparando per l’appuntamento. Aveva già posizionato l’interruttore su arrapata, osservare le sue mani che rollavano la canna e la sua lingua che leccava la cartina e desiderare di sentire mani e lingua su di lei fu quasi contemporaneo. Ci pensò su per tutto il tempo del caffè, che sembrava non uscire mai, e continuò mentre fumavano, apprezzando il fugace contatto delle mani quando se la passavano. I primi effetti dell’erba le fecero sparire le ansie, i secondi le diedero il coraggio, dovevano ancora spegnerla quando lei si sedette davanti a lui sul tavolo, aprendo le gambe e rivelando che sotto la lunga maglietta non indossava nulla, neanche i peli.

“Le cose stanno così: sto aspettando un amico per scopare tutto il pomeriggio. Tu puoi scegliere se restare e iniziare a leccarmi la fica o andartene subito così posso masturbarmi mentre aspetto. Se resti mi fa piacere, se te ne vai non cambia nulla, sentiti libero di decidere.”

E, fissandolo negli occhi con determinazione, gli soffiò lentamente il fumo in faccia.

Marta era una di quelle donne che sono estremamente arrapanti ma, al contempo, incutono soggezione. Praticamente, erano gli uomini insicuri a friendzonarsi spontaneamente, lei non doveva fare nulla. Daniele era uno di questi: la frequentava da amico senza mai aver avuto il coraggio di farle capire quanto la desiderasse, non sentendosi mai alla sua altezza. Ma ora aveva un’occasione più unica che rara, era lei a prendere l’iniziativa e metteva sul tavolo un’offerta difficilmente rifiutabile. Si era fatta i suoi calcoli, ci aveva riflettuto da quando era arrivato: il motivo per cui Daniele si era infilato da solo nella friendzone era lo stesso per cui non avrebbe preteso altre prestazioni future. Stava approfittando in maniera cinica ed egoista delle sue debolezze, ma in fondo, pensò, lo ricambiava con una scopata che non avrebbe dimenticato facilmente. Per inciso, lei si era accorta da subito che lui se la mangiava con gli occhi, e si divertiva a provocarlo facendosi trovare, quando passava da lei come oggi, con larghe canottiere o maglie senza maniche da cui si vedesse bene che il piccolo seno dai capezzoli sempre dritti era senza inutili reggipetti e, quando non erano abbastanza lunghe, con dei larghi e corti calzoncini che le permettevano di sedersi in posizioni sconce da cui si intravedeva l’inguine e, a volte, le mutandine. Faceva tutto questo senza mai dargli una speranza concreta, con un’ostentata naturalezza che ben copriva la sadica malizia. Aveva sempre sognato di avere due uomini contemporaneamente, ma non aveva mai trovato due partner adatti, mentre oggi aveva a disposizione un professionista, ancora ignaro di tutto ma che non aveva motivo di far problemi, ed un ragazzo sufficientemente succube da non crearne. Quale occasione migliore di questa? E quale modo migliore di dimostrare il suo dominio se non quello di sbattere la fica sul tavolo?

Daniele non ci rifletté neanche un istante, quei pochi secondi in cui rimase senza reagire gli servirono per capire quello che stava succedendo. Il cambio repentino di setting che si era verificato lo aveva spiazzato e ci mise un po’ a comprendere le parole che uscivano dalla bocca di Marta. Probabilmente il suo cervello processò solo le parole “scopare tutto il pomeriggio” e “leccarmi la fica”, o forse il sangue stava già affluendo verso il basso ventre e non sentì neanche quelle. Sta di fatto che la afferrò per le cosce e la tirò fino al bordo del tavolo, poi prese le gambe da sotto le ginocchia e le piegò all’indietro, costringendola a sdraiarsi sul tavolo, e tuffò il viso fra le sue cosce aperte. Era così eccitata che persino la lingua emozionata di Daniele le andava bene, anche se prese presto il comando dell’azione afferrandolo per i capelli e muovendogli la testa per masturbarsi con la sua faccia. Non era solo una questione di ritmo, voleva anche ribadire il concetto che lui era lì solo per il suo piacere e che le uniche iniziative che poteva prendere erano quelle che lei gli concedeva.

“Vediamo se vale la pena lasciarti restare!”

Glielo disse mentre lo portava in soggiorno. Lo spinse sul divano e si inginocchiò ai suoi piedi sul grande tappeto che riempiva la stanza. Gli tolse prima la maglia, e con la lingua scese dal collo fino alla cinta, facendolo tremare e sussultare come se fosse percorso dalla corrente elettrica. Si allontanò da lui per un istante, giusto il tempo che lui pensasse di averla scampata, ma solo per scendere ai suoi piedi e togliergli scarpe e calzini e poi risalì con le mani per slacciargli cinta e pantaloni. Dovette incitarlo ad alzare il bacino per poterglieli sfilare, forse si aspettava che glielo prendesse subito in bocca o era paralizzato dall’emozione e dall’ansia. Aveva ugualmente paura di venire subito e di fare cilecca, in ogni caso aveva paura di non essere all’altezza delle aspettative della donna dei suoi desideri. Pensava questo mentre lei lo spogliava e, fortunatamente, quando con un colpo solo lo lasciò senza pantaloni e boxer, trovò conforto al pensiero che, in fin dei conti, le ragazze che aveva avuto lo avevano sempre rivoluto altre volte dopo la prima, quindi doveva cavarsela nella media. E poi non sarebbe stato da solo a dover soddisfare una donna esigente come Marta. Si tranquillizzò e decise di godersi quell’esperienza che, sapeva, non sarebbe capitata di nuovo, poi la luce si spense. Il suo pisello era stato risucchiato dalla bocca e il caldo buio che lo avvolse si diffuse tutt’intorno a lui. La testa gli girava e il cazzo era sempre più duro e grosso. Glielo stava portando al limite, doveva testarlo. Si fermò solo quando stava per venire e, per distrarlo da quel proposito, gli fece invertire le posizioni e così li trovò lui quando arrivò.

“E se, anziché aspettarmi, vi foste portati avanti, come vi trovavo?”

“Che scemo! Abbiamo appena iniziato… Che fai, ti spogli o continui a parlare? E vieni qui a darmi un bacio!”

Daniele non lo aveva ancora baciato, ma da lui lo pretendeva subito, tanto per stabilire le gerarchie definitivamente. Si spogliò, prima di raggiungerla sul divano e infilarle la lingua in bocca. Pomiciarono come se fossero soli, incuranti di Daniele che continuava il suo lavoro fra le gambe di Marta, lui le toccava le tettine e lei portava alle giuste dimensioni il suo strumento con la stessa lenta passione. Lo sguardo gli cadde sulla lingua che Daniele muoveva in maniera meccanica e decise di intervenire.

“Aspetta, non sei in palestra a fare ripetizioni! La devi gustare mentre la conduci verso il climax. Deve essere un piacere, tu sembra che lo stia facendo per dovere!”

Il ragazzo si spostò da un lato, restando per terra per seguire meglio la lezione di leccaggio che stava per ricevere. Lui prese il suo posto e avvicinò il viso al pube, la guardò negli occhi provocante e, invece di leccarla come si aspettava, passò la sua lingua e le sue labbra ad un millimetro dalla sua pelle, solleticandola con il respiro. Si fermò davanti la vagina aperta dalla lingua di Daniele e rimase lì qualche secondo, facendo crescere il desiderio di Marta fino al limite. La percepiva fremere, vibrare per la prolungata attesa del piacere. Quando affondò la lingua nella sua fica, gli umori fiottarono abbondantemente per facilitare la strada a qualunque cosa l’avrebbe penetrata. Ma era ancora presto per entrare, così succhiò avidamente tutti i suoi fluidi, mischiandoli alla sua saliva, e li spalmò sul clitoride con la lingua. Lei fece un urletto, molto sexy. Daniele si era appoggiato con la testa sul fianco di Marta e osservava da vicino la sua fica mentre veniva ciancicata, tirata, titillata, leccata, morsicchiata, succhiata e penetrata. Era affascinato da come usasse il naso, il mento, le labbra e la lingua indifferentemente. Si sentiva come se non avesse mai realmente leccato una fica. Le guance rosse di piacere confermarono che lei stava apprezzando quanto e più di lui.

“Invece di masturbarti, mettiglielo in bocca.”

Gli uscì come un ordine, ma voleva essere un consiglio deciso. Obbedì e salì sul divano mettendosi in ginocchio accanto a lei, il cazzo all’altezza del viso. Lei lo prese con voluttuosa ingordigia, sia con le mani che con la bocca. Si era messo di lato, così entrambi potevano guardare con la coda dell’occhio quello che accadeva fra le gambe di lei. Il piacere con cui la stava baciando era tale da coinvolgere gli altri solo guardandolo in azione. Marta, senza accorgersene, stava ripetendo con il cazzo di Daniele gli stessi movimenti e la stessa intensità che riceveva a sua volta fra le gambe. Non con la stessa costanza, però, perché le capitò più di una volta di essere rapita da picchi di piacere che le impedirono di continuare l’azione, capace solo di godere ad occhi chiusi e lanciare grida e mugolii.

L’intesa che avevano sviluppato nelle ore passate a giocare con i loro corpi tendeva a mettere Daniele in secondo piano, una presenza necessaria per un ménage à trois ma estranea. Lo si capì meglio quando lui e Daniele invertirono la posizione.

“Vediamo se hai capito come va trattata una fica.”

Il ragazzo non se la cavava neanche male ma, come prima aveva smaniato per avere la sua lingua in bocca, ora Marta si gettava golosa sul suo cazzo, vanificando i generosi sforzi fra le sue gambe dell’estemporaneo allievo. Quello che provava in basso lo percepiva come l’effetto di quello che capitava in alto, aveva creato una sorta di ponte sensoriale fra le labbra della bocca e quelle della vagina. La lingua di Daniele le fece provare la strana sensazione di essere quella che faceva un pompino e, al tempo stesso, di essere il pisello che lo riceveva, come se il gusto si concretizzasse in godimento. Ma, appunto, l’attenzione era tutta sul gusto, al piacere che questo le dava. Per ciò il lavoro di lingua, e poi anche di dita, che Daniele svolgeva con dedizione, non poteva essere apprezzato per quello che era e Marta ne attribuiva il piacevole risultato solo al cazzo che le riempiva la bocca.

Le cose cambiarono quando l’odore di sesso prese il posto, sulla pelle e fra le gambe di Marta, del profumo del bagnoschiuma. Con il naso fra le grandi labbra, sentì come se la fica gli penetrasse nel cervello e percepì il click che fece l’interruttore mentale quando passò da razionale a istintivo. Era giunto il momento di toglierle quell’aria di superiorità e farle capire quello che si era persa facendo la preziosa. Si alzò, le unì le gambe e, prendendo entrambe le caviglie con una mano, le piegò le ginocchia per metterle sul divano, facendole girare il bacino su un fianco. Il busto era dritto, bloccato alla spalliera dal cazzo che le scopava la bocca, e la torsione rendeva le chiappe ancora più belle e quello che aveva in mezzo più invitante. La sculacciò per bene, colpendole anche le fica gonfia, poi, quasi senza preavviso, glielo infilò dentro. Wow! La sensazione di aver messo il suo arnese nel posto migliore del mondo lo fece sentire un coglione per tutte le volte che non aveva avuto il coraggio di provarci. In quella posizione, la fica avvolgeva strettamente il suo cazzo in ugual misura lungo tutta la lunghezza, provocandogli un piacere totalizzante. Non era un vuoto da riempire, come nelle altre posizioni, ma un pieno che lo avvolgeva caldo e morbido. E stavolta era riuscito anche a catturare la sua attenzione, infatti Marta dovette interrompere il pompino per poter gemere liberamente, incapace di fare altro in quel momento. Anziché sentirsi messo in disparte, decise di aiutare Daniele nel farle perdere la testa, così iniziò a giocare con il clitoride mentre veniva stantuffata da dietro. Le succhiò anche i capezzoli, mentre la masturbava, trasformando i suoi gemiti in vocali urlate. Daniele tirò fuori il cazzo ricoperto di fluidi vaginali e lo porse a Marta per farglieli assaggiare, poi si sedette sul bracciolo costringendola a mettersi a quattro zampe per continuare a ciucciarglielo. Lei sentì le mani sui fianchi e si chiese dove l’avrebbe presa: non era stato preparato, ma era disponibile anche il culo e la posizione era propizia. Daniele le teneva la testa fra le mani per aiutarla nel movimento e stava aspettando l’istante in cui lui le sarebbe entrato dentro per affondare contemporaneamente il suo cazzo nella gola. Per Marta fu come se i due cazzi si congiungessero dentro di lei, si sentiva piena e senza controllo, ogni centimetro del suo corpo era fonte di piacere per lei e per gli altri.

Quel senso di dominio che aveva inizialmente, quando era lei a disporre dei due uomini, aveva lasciato il posto al desiderio che il suo corpo fosse usato da loro e da chiunque altro. Le piaceva sentirsi addosso gli occhi dei maschi, quando usciva, ed aveva anche fantasticato di soddisfarli e spogliarsi in mezzo alla piazza e offrirsi a tutti. Ma era sempre un esercizio di potere, una sfida alla loro virilità, mentre ora si sentiva come una busta il cui unico scopo è di essere riempita. Le era indifferente da chi, cosa o quanti, purché la riempissero bene. Le era già capitato di cedere il controllo, di essere scopata anziché farsi scopare o essere lei a scopare, e in nessuna occasione aveva provato questa sensazione di annullamento. Esistevano solo le sue zone erogene e le voleva tutte stimolate, non le importava altro. Fu lei a far scendere Daniele dal bracciolo e farselo scorrere sotto fino a raggiungere la fica già piena e infilarselo dentro ugualmente. Aveva ancora due buchi vuoti, ma si sentiva decisamente piena. Si teneva leggermente sollevata, per poter infilare una mano e sgrillettarsi il clitoride, consentendo a Daniele di muoversi e trapanarla anche lui. I due membri si sincronizzarono presto, diventando un unico gigantesco cazzo che la stava spanando. Con le dita cercava di sentire se c’era ancora spazio, provò a farne entrare almeno una, ma desistette per non compromettere l’equilibrio raggiunto e ricominciò a masturbarsi freneticamente dall’esterno. Le quattro palle sbattevano fra loro ad ogni affondo, regalandogli un piacere inatteso che non sfociò in pensieri omosessuali ma in complicità maschile nel soddisfare la cagna in calore. Avevano già le aste a contatto, anche se la sensazione che provavano era indefinibile e non gli avevano dato peso: gli bastava guardare le tette o il culo di Marta, a seconda della posizione, per confermare la loro eterosessualità. E poi c’era la lingua che lei infilava a turno nelle loro bocche.

Cambiarono posizione, lei si mise a cavalcioni di Daniele, che si era seduto sul bordo del divano, e, dandogli le spalle, scese lentamente fino ad infilarsi la sua candela nella vagina ancora spalancata e desiderosa. Mentre i due amici, trombamici da quel giorno, si sistemavano uno dentro l’altra, lui ne aveva approfittato per fare una canna con l’erba sul tavolino e recuperare lo svantaggio, quindi si chinò davanti al punto di unione dei due corpi e vi soffiò il fumo due o tre volte, poi si alzò e svuotò i suoi polmoni nella bocca di Marta con un bacio in cui le lingue combattevano fino ad attorcigliarsi. Le lasciò la canna e ridiscese giù, continuando ad usare la lingua con la stessa foga, stavolta sul clitoride. Era lei a muoversi su e giù, a cambiare il ritmo secondo le sue esigenze, loro non dovevano fare altro che stare fermi e farla godere. Ma Daniele, da giovane irruento e inesperto, decise di darsi da fare con il bacino, con il risultato di andare fuori fase con il movimento di Marta e far uscire il pene che finì ad un millimetro dalla sua bocca. Aveva visto tanti porno, non si rese neanche conto di quello che stava facendo, agì senza pensarci. Afferrò l’asta con una mano e la manovrò lungo tutto l’esterno della fica, cosa che Marta apprezzò con mugolii inequivocabili. Non aveva allontanato il viso, anzi l’aveva appoggiato sul monte di venere per avere una visuale ottimale ma, in questo modo, la cappella di Daniele andava a fermarsi contro le sue labbra. Gli umori vaginali lo ricoprivano del loro odore e del loro sapore, non ci volle molto prima che lo infilasse nella fica per insaporirlo ulteriormente e poi prenderselo in bocca. Il suo scopo era di renderlo grande e duro per lei, in quel momento non era il membro di un altro uomo ma lo strumento per il piacere della donna e lui stava solo collaborando. Sarebbe stato inutilmente ipocrita negare di essere stato sempre curioso di sapere cosa provano le donne quando fanno un pompino, per cui non lo fece e si tolse tutte le curiosità che aveva, o quasi. Il cazzo era duro, ovviamente, ben tornito, di una misura che non lo metteva a disagio né lo faceva sentire superiore. La lingua girava intorno alla cappella come intorno ad un gelato ed ebbe la conferma che il Calippo è un giocattolo erotico. Con una mano lo segava, misurandone il calibro e la flessibilità, mentre continuava a succhiare e leccare, un pompino a regola d’arte insomma. Se ne accorse anche Marta, che si aspettava di essere riempita o spalmata ma non riceveva attenzioni da troppo tempo e guardò giù incuriosita. La scena la eccitò e rimase a guardare e toccarsi per un bel po’ prima di scendere da cavallo. Fu solo quando lei si spostò, che Daniele si rese conto di avere il cazzo nella bocca di un altro uomo e, prima di riuscire a protestare, si rese conto che non era così diverso da una donna, forse quasi meglio.

“Secondo me, sono più bravo di te.”

“Dimentichi che ho anni di esperienza!”

“Vediamo! Daniele farà da giudice e, in ogni caso, da vincitore.”

Ancora una volta era una questione fra loro due e Daniele un semplice portatore sano di pene, ma non gli sembrava affatto il caso di lamentarsi. La sfida ebbe inizio senza bisogno di lanciare la monetina visto che lui, che non aveva smesso di tenerlo in mano, glielo offrì cavallerescamente. Marta lo inghiottì subito fino alle palle e lo tenne in gola per alcuni istanti. Quando lo fece riemergere era pieno di saliva colante e altra gliela sputò lei per lubrificarlo bene prima di prenderlo con entrambe le mani. Quello che seguì fu un pompino a due mani, con la cappella che non usciva mai dalle labbra.

“Poi lo fai anche a me?”

Non poté fare a meno di chiedere, invidioso; Marta annuì con un sorriso. Daniele stava quasi per venire e lei se ne accorse.

“Cambio.”

Ora toccava a lui dimostrare le sue capacità, ma stavolta era consapevole di quel che andava a fare e temeva che questo potesse condizionare la sua prestazione. Si concentrò pensando alle sensazioni che piacevano a lui, maledicendo l’abitudine di chiudere gli occhi quando godeva. Aveva sempre sostenuto che nessuno sa lavorare i genitali meglio di chi li ha dello stesso genere, perché nessuno può conoscere quello che non ha. “Certo, sarebbe vero se ti degnassi di guardare cos’è che ti piace tanto!” pensò contro di sé. Si concentrò di nuovo, stavolta pensando alla sfida. Quel cazzo avrebbe ricevuto un bel cunnilingus per interposta persona. O Marta avrebbe ricevuto una fellatio, il concetto era lo stesso: lo avrebbe ciucciato come se fosse il suo, lo avrebbe fatto per lei. Daniele avrebbe goduto, ma lei sarebbe venuta solo guardandolo. Per renderlo più esplicito, non le toglieva gli occhi di dosso mentre con la bocca lavorava la nerchia. “Guarda bene, questo è quello che ti farei se tu avessi un cazzo. Guarda, lo sto facendo a te”, questo le stava dicendo con quello sguardo malizioso mentre leccava la cappella e poi faceva sparire tutta l’asta dentro la bocca.

Le dita le volavano sulla fica, la schiaffeggiavano, la penetravano, non riusciva a controllarle. Guardare due uomini, due maschi, che facevano sesso fra di loro per lei la eccitava da morire, sentiva un ancestrale potere matriarcale che la pervadeva dall’interno: il desiderio che aveva scaturito in loro gli aveva fatto perdere il controllo ed ora era lei ad averlo. Fece sdraiare Daniele e gli salì sopra per un sessantanove, voleva prenderglielo in bocca con lui, baciarlo con il cazzo in mezzo. Voleva farglielo venire in faccia, e non ci volle molto perché il ragazzo, stretto fra due lingue e quattro labbra, la accontentasse fiottando copiosamente su entrambi i visi. Si guardarono tutti colanti e si misero a ridere, poi le loro lingue e le loro bocche si attrassero reciprocamente. Si ripulirono a vicenda le guance leccandole, poi le labbra si unirono fra di loro e le lingue si intrecciarono creando una cosa sola, un po’ viscida ma passionalmente legata. Le mani afferrarono le teste e le tennero unite mentre rotolavano a terra ai piedi del divano. Dopo tanta frenesia ed eccessi, stavano facendo l’amore come una coppia. Le loro bocche non si separarono mai, se non per farsi desiderare ancora di più, ed i movimenti furono calmi, lenti, dolci. Alla fine lei si ritrovò sopra di lui e decise che fosse il momento di concludere. Aumentò il ritmo dello sfregamento più che poté, quindi lui la afferrò per i fianchi e aggiunse anche il suo scorrimento orizzontale. Ora la velocità era raddoppiata, ed anche le urla di entrambi. La avvisò dell’imminente eiaculazione e lei, per tutta risposta aumentò il ritmo anziché farlo uscire. Il primo fiotto caldo che la riempì diede il via anche al suo orgasmo, uno dei più intensi che avesse mai provato. Crollarono sfiniti e sudati, restando abbracciati alcuni minuti senza riuscire a muoversi o a parlare, ancora uno dentro l’altra. Si alzarono solo quando lui perse l’erezione e sgusciò fuori, lasciando lo sperma libero di uscire e colare sul tappeto.

Daniele li aspettava sul divano con una canna, Marta si sedette al centro e insieme fumarono in silenzio. Finito di fumare, lei si alzò per andare in bagno salutando l’amico con un bacio sulla bocca, che nel frattempo si era vestito ed era già pronto per andar via. Voleva fuggire dall’imbarazzo e da ogni possibile conversazione su quello o su qualunque altro argomento. Lui rimase sul divano ad osservarla mentre, nuda, camminava per casa prima per accompagnare Daniele alla porta, poi per andare in cucina a bere, in camera da letto per prendere i vestiti e infine in bagno. Il suo culetto sodo che gli ballonzolava davanti stava per fargli già tornare la voglia di ricominciare. Aspettò di sentirla entrare nella doccia ed entrò nel bagno senza bussare.

“Posso lavarti la schiena?”

Le chiese scostando la tendina della doccia. In assenza di risposta, entrò e la abbracciò da dietro. La trovò parzialmente insaponata, le mani scivolavano sui piccoli seni, sulle sue braccia incrociate davanti, sui glutei appoggiati al suo membro che si stava lentamente risvegliando. Prese altro sapone e passò le mani sulle cosce, le lavò tutte le gambe e dedicò il giusto tempo anche a massaggiarle i piedi. Ne prese altro e le aprì bene le chiappe e le insaponò il culo accuratamente, la fece girare e le allargò le gambe per ripetere l’operazione anche davanti. La insaponò bene fra le labbra, poi due dita vennero risucchiate dalla fica viscida di schiuma. Restò dentro pochi secondi, muovendosi in tutta la cavità, ma solo per pulire bene dal suo sperma. Tutti i movimenti, benché in zone erogene altamente sensibili, erano privi di intenzioni erotiche. La stava lavando, in maniera intima e dolce ma la stava solo lavando, senza secondi fini. Almeno finché lei non afferrò il suo collo con una mano per tirarlo a sé ed infilargli la lingua in bocca. Il bacio che seguì fu molto lungo, tanto da permetterle di sentire un ingombro sempre maggiore premerle sulla pancia. Abbassò una mano per verificare le reali condizioni. Lo trovò già in buono stato, le fu sufficiente prenderlo un po’ in bocca per renderlo utilizzabile, ma neanche lei aveva smanie. Ora era lui a dover essere lavato. Cominciò dal petto ampio e con pochi peli. Man mano che le mani scendevano verso il basso, il ventre gli tremava sempre più. Era sempre stato così: quando le cose andavano lentamente, non volendo accelerare i tempi con la forza, l’ansia dell’attesa trovava come sfogo il suo ventre e lo faceva tremare. O almeno così gli sembrava: nessuna lo aveva mai notato o fattone cenno ed aveva il sospetto che fosse solo una sua sensazione, anche perché non aveva mai potuto verificare a causa della testa o delle mani che coprivano la vista. Ma quando arrivarono sui fianchi, le mani, anziché continuare a scendere, si spostarono sui lombi e gli strizzò le chiappe. L’imprevedibilità era la cosa che più gli piaceva di Marta, meno lo erano i suoi tentativi di infilargli un dito in culo, anche se stavolta il sapone le rese la via più facile. Per farsi perdonare gli diede un bacino con la faccia più innocente che potesse sfoderare.

“Bambi esci dal mio culo, prima di fare l’ingenua!”

Disse dandole una sculacciata di affettuoso rimprovero. Girò le braccia intorno alle cosce e la prese in braccio facendosi avvinghiare dalle gambe sui fianchi e la penetrò. Le fece appoggiare la schiena al muro e rimasero così intrecciati senza muoversi, baciandosi sotto l’acqua. Le mani scorrevano sui corpi bagnati, scivolando sulle pelli lucide anche quando lei scese a terra. La girò di schiena e le baciò il collo, mentre le mani frugavano ovunque senza ostacoli. Lei si piegò leggermente in avanti, per offrirsi meglio, lui fece scendere la mano che era sul suo ventre, le aprì le labbra con le dita e guidò il suo membro dentro. Lei prese le sue mani e se le portò sul seno, lui le torse i capezzoli mentre cominciava a fotterla con più vigore. Girò la testa per guardarlo, lo invitò con la lingua a baciarla, girò un braccio intorno al suo collo per aggrapparsi a lui e con la mano dietro la nuca lo tenne attaccato a sé mentre gli esplorava la bocca. Vennero presto, alla prima occasione, senza ritardi o giochetti, avevano già fatto abbastanza e questa era solo la ciliegina sulla torta di crema. In realtà si trattò della vera e propria torta, almeno per lui: alla luce dell’imprevista e piacevole sessione a tre e dei suoi inattesi sviluppi, aveva deciso di non farsi pagare, ma l’extra nella doccia era sufficiente per chiederle comunque la metà del compenso pattuito. Lei fu colpita dallo sconto, ignorando di aver rischiato di non pagare affatto, e accettò di buon grado, almeno per il momento, le condizioni che lui le porse per evitare ulteriori ed estreme sorprese da parte sua.



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