Resilienza un cazzo!

“Perché non è vero che tutto va bene, perché non è vero che questo è il mondo migliore possibile e perché non è assolutamente vero che dobbiamo adattarci a vivere in contesti professionali ma anche sociali, familiari e affettivi così come capitano. La resilienza è una truffa ed è la stessa truffa di cui parlava Mario Monicelli quando si riferiva alla speranza, solo che l’hanno travestita con una parola nuova. Bisogna resistere e pretendere che tutto quello che ci sta intorno sia alla nostra altezza.” (Giulio Cavalli)

La resilienza è la capacità di adattarsi ad un cambiamento: nei metalli significa ritornare alla forma iniziale, ad esempio come fa una molla, in natura si concretizza con la rinascita di un bosco dopo un incendio, in psicologia si intende la capacità di adattarsi ad un evento negativo o traumatico e riuscire a trovare il modo per sfruttarlo a proprio vantaggio.

Per un essere umano, quindi, la resilienza è codardia, rinuncia, egoismo, opportunismo. Se una pianta che subisce un trauma è costretta ad essere resiliente perché non può né spostarsi né attaccare, le persone hanno il dovere morale di battersi sempre per cambiare le cose negative o di opporsi ai cambiamenti peggiorativi.

Nel caso che un accidente avesse origini sociali o politiche, resilienza vuol dire accettarlo senza combattere e cercare di trarne un vantaggio personale, adattarsi alla “nuova normalità”. Questo, però, implica abdicare al controllo della nostra vita, significa rinunciare a noi stessi e alle nostre responsabilità.

Prendiamo l’esempio di una situazione di violenza fisica o psicologica: dovremmo dire alla vittima di essere resiliente e sopportare o di rivolgersi ad un centro antiviolenza? La risposta è facile, in questo caso, ma perché in tutte le altre situazioni dovrebbe essere diversa? Bisogna essere resilienti con le mafie? Bisogna essere resilienti con le dittature? Bisogna essere resilienti nei confronti di una malattia e non cercare di curarsi e guarire?

Esistono davvero delle circostanze in cui una persona debba essere resiliente?


Scritto inedito di clacclo. Riproduzione vietata.


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8 pensieri su “Resilienza un cazzo!”

  1. Odio questa parola ” Resilienza” pechè ultimamente lastanno facenfo diventare un dictat. La nominano sempre e laimpobgono come tipo di comportamento adeguato ai cambiamenti che si stanno verificando.
    Adattarsi come dei vinti? Come se non avessimo altra chance. E il guaio è che forse non ce l’abbiamo davvero l’altra chance. Ce la siamo giocata senza accorgercene, mentre ci rifilavano decreti, mentre ci chiudevano a casa, mentre ci mettevano ste museruole… Ma ci sono ancora tanti nell’ombra che lottano, non s’arrendono, e li stimo e li sostengo e li capisco. Io mi sono spenta ormai.

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        1. Che dire, io sempre lottato contro le cause che mi facevano stare male e, quando non potevo eliminarle, ho cercato lo stesso di vivere come volevo senza farmi condizionare. A volte non c’è bisogno di superare un trauma ma è sufficiente la volontà di lasciarlo alle spalle. Capisco che non sempre è possibile, che i traumi non sono tutti uguali come non lo sono le persone ed ognuno reagisce diversamente. Io posso solo riportare la mia esperienza: se una cosa non posso cambiarla, la accetto e vado avanti per la mia strada. Non concederò mai a niente e nessuno il potere di impedirmi di essere quello che voglio essere.

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          1. Il nostro inconscio non funziona pestando il pedale della volontà. A volte la macchina vaper conto suo. Più è infantile il trauma e più forte è l’impronta che ha ricevuto l’inconscio. Di questo pochi psicologi ne parlano. L’adrenalina del dolore è più forte di quella del piacere. Una bambina di 4 anni non ha alcuna difesa se non diventare un carnefice. L’inconscio è un imperatore carnefice, cannibale, ingoia persone, e sicuramente non hai visto ” THE CELL” e quindi non puoi capire la “ripartizione” che accade e la presenza interiore del mostro. Molte cose sono ancora inspiegabili e inguaribili. Certe volte si superano, ma questo non vuol dire cancellare un database semmai fare una dislocazione di quei file e metterli in una cartella nascosta. A volte neanche un dottore riesce a trovare la keylog. E non esiste nessun Merlino o nessuna fata che possa fare un incantesimo tanto efficace da hacherare l’inconscio.

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            1. Veramente ho scritto: “Capisco che non sempre è possibile, che i traumi non sono tutti uguali come non lo sono le persone ed ognuno reagisce diversamente.”
              Quindi, non capisco perché dici che certe cose non posso capirle.
              Io ho fatto riferimento alla mia esperienza personale e, naturalmente, il mio discorso non può valere nei casi limite di un abuso subito da bambini, ma è riferito alla maggioranza di persone che i propri blocchi se lo crea da sola, ingigantendo gli eventi con il filtro di una falsa morale imposta dall’ambiente o dalla famiglia. Sono due casi completamente diversi.
              Inoltre, l’articolo che stiamo commentando è un articolo politico e la psicanalisi o la psichiatria c’entrano poco.
              Il tuo commento “a volte si è morti anche da vivi” si riferisce ad una condizione interiore personale, mentre il concetto di resilienza che voglio combattere è quello che è stato usato politicamente durante i lockdown, cioè l’accettazione incondizionata di uno stato di limitazione personale anziché una decisa ribellione a delle norme illegittime e liberticide.
              La psicologia, l’inconscio e i traumi non sono minimamente l’oggetto del discorso. 😉

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              1. Sí, ok, hai ragione, sono uscita fuori tema. Però se ci pensi bene l’accettazione inco dizionata avviene in persone in cui ogni vitalità è stata distrutta. Personalmente ho visto qui nella mia zona gente molto contenta di tutti i decreti, delle restrizioni e dei vaccini. Io ero tra le poche persone ad aver scritto e detto il mio parere contrario e ad aver subito minacce fino a dover chiudere il mio blog in italiano. Comunque scusa per aver detto altre cose.

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                1. Quelli di cui parli sono quelli “resilienti”, quelli che possono subire di tutto senza lamentarsi, magari pure contenti! Sono quelli che, come diceva Silvano Agosti, hanno messo i fiori alla finestra della cella…

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