Sogno #1 (L’incontro)

Lo aveva conosciuto su Tumblr, l’aveva notato dapprima dai commenti ai suoi post, ironici, divertenti, mai banali o fuori luogo, poi aveva iniziato a seguirlo anche lei. Lo incuriosiva quella foto profilo con la maschera di Scream ed il coltello in mano, in contrasto con l’intima malinconia di quello che pubblicava. Aveva buon gusto sia nella scelta musicale, benché lontana dalle sue preferenze, sia nelle foto o nelle citazioni che pubblicava lui o che rebloggava. A volte scadeva in tristi lamentele per l’amor perduto o urlava la sua solitudine, cose che le facevano quasi venire la voglia di proteggerlo, di consolarlo, di coccolarlo si potrebbe dire. Ma era il coraggio di mettersi a nudo, la sincerità di mostrarsi con tutte le sue debolezze che lo attirava.

Una volta le aveva scritto in privato, voleva capire le emozioni realmente provate nelle situazioni di cui lei parlava nei suoi post. Ottenuta la risposta, sparì nel nulla senza continuare la conversazione: il suo non era un pretesto per attaccare bottone, era vera curiosità di capire l’animo umano in una situazione che lui non aveva mai vissuto. La cosa, sul momento, la colpì perché era abituata ad essere contattata da uomini che pensavano di poter instaurare una relazione, reale o virtuale, di tipo sessuale. “Beh, un tipo discreto, finalmente!”, pensò.

Passarono i mesi, continuavano a seguire i rispettivi blog, ogni tanto mettevano un cuore ad un post dell’altro, ma nulla più. Lui, ad un tratto, iniziò una relazione con un’altra blogger, i loro post erano continue dediche reciproche, sembravano una coppia innamorata e forse lo erano davvero. Era romantica l’idea che qualcosa di bello e reale potesse nascere in un mondo virtuale, ma finì per rivelarsi solo una bella idea e la cosa finì com’era nata.

Passarono altri mesi in cui erano, l’uno per l’altra, solo uno dei tanti blog a riempire la dashboard, un po’ più interessanti ed intriganti degli altri ma nulla più.

Un giorno, quasi per caso, da uno scambio di battute nei commenti ad una frase che lei aveva pubblicato, passarono a scriversi in privato. Lui, anziché provare un approccio, iniziò a lamentarsi per la perdita del suo vecchio amore. Lei non ci trovò nulla di male visto che, a sua volta, aveva aperto il blog proprio per sfogarsi per lo stesso motivo.

Le chiacchiere si fecero presto più leggere, si vede che lui aveva solo bisogno di un orecchio disposto a raccogliere il suo dolore; lei, dal canto suo, aveva chiarito nettamente che non cercava una relazione sentimentale anche se dal suo blog traspariva una mancanza, un desiderio forse più latente che consapevole di calore umano, di contatto fisico, di passione erotica. I contenuti erotici che pubblicava, forse, erano più espliciti di quel che lei pensava, fatto sta che la conversazione prese una piega inaspettata. Non ci fu sexting né scambio di foto, ma cominciarono a parlare di sesso. In realtà fu lui a cominciare, ma in una maniera così semplice, naturale, spesso ironica, mai volgare, che le smosse dei desideri che credeva sopiti. Era un’attrazione reciproca che non si basava su altro che sull’erotismo quasi mentale di entrambi.

Il gioco che iniziarono fu di quelli più banali, se così si può dire: lui la provocava e lei faceva la ritrosa, senza però mai mettergli un freno o bloccare la conversazione. Il più classico dei corteggiamenti.

Nessuno dei due parlò mai di amore, di sentimenti o di avere una relazione, era chiaro per entrambi che si trattava di puro sesso. Talmente chiaro che lei non si stupì quando lui, senza neanche mai essersi incontrati prima (si erano solo scambiati le foto dei loro volti, giusto per conoscere con chi avessero a che fare), le propose di passare un fine settimana insieme nelle campagne toscane. L’intento era dichiarato: scopare per tre giorni di seguito.

Ovviamente, fra il dire ed il fare ci sono mille titubanze, del tutto giustificate dal fatto che si erano conosciuti online e lei aveva il timore di ritrovarsi sola con uno psicopatico. Lui spese un fiume di parole per giorni e giorni per tranquillizzarla, le spiegò che voleva solo far vibrare il suo corpo, darle piacere, regalarle dei momenti di leggerezza, di svago, di fuga dalla routine che la attanagliava. Non chiedeva e non pretendeva nulla se non la possibilità di regalarle un po’ di gioia orgasmica. Sì, le sembrava presuntuoso, a tratti, troppo sicuro di sé, ma le sue parole erano sincere, le sembrava, come le sue intenzioni. Che fosse uno che sapeva prendere in mano le situazioni lo aveva capito quando le aveva mandato un elenco di case fra cui scegliere quella che la faceva sentire più tranquilla. Le trasmetteva sicurezza, con quel suo modo di fare al tempo stesso deciso e rispettoso delle sue esigenze. Sentiva che le aspettative che lui le creava descrivendole quello che avrebbe voluto fare con lei, a lei e per lei, non erano parole vuote ma una promessa che avrebbe mantenuto. E tutto quello che lui le diceva era esattamente ciò di cui lei aveva bisogno, sia emotivamente che fisicamente. Più lui parlava e più lei lo voleva, lo desiderava, ne aveva bisogno. Era riuscito nell’impresa di risvegliare i suoi sensi, di farle tornare la voglia di abbandonarsi ad uomo dopo tutte le delusioni subite, di sentirsi voluta fortemente e, allo stesso tempo, di concedersi, donarsi, prendersi e dare piacere.

I giorni che la separavano dall’incontro, ora che aveva preso la sua decisione ed aveva accettato di incontrarlo, furono un turbinio di emozioni che la fecero tornare adolescente, alla sua prima volta, con tutte le ansie e le paranoie che credeva di aver messo nel cassetto dei ricordi. Da quel tempo, di esperienze ne aveva fatte molte, alcune anche estreme, ma ora si sentiva come vergine. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che era stata con uomo e l’insicurezza l’aveva avvinghiata come una preda. Ma anche l’eccitazione era alle stelle e la lotta fra i due sentimenti contrastanti le resero i giorni di quella settimana lunghi come dei mesi. La testa era vuota e piena allo stesso tempo: cercava di concentrarsi sul lavoro, sulla famiglia e sulle cose da fare ma, contemporaneamente, non faceva che pensare a lui e a quello che avrebbero fatto insieme di lì a poco.

Finalmente arrivò venerdì! Lui le aveva mandato le indicazioni stradali per raggiungere l’appartamento, la loro alcova temporanea. Arrivò intenzionalmente con un leggero ritardo: non voleva essere la prima ma non voleva neanche sprecare del tempo prezioso.

Lui era lì che l’aspettava, sull’uscio di casa. Non le andò incontro, voleva osservarla mentre veniva verso di lui, guardarla camminare, vedere le sue gote arrossire sempre di più ad ogni passo.

A lei, quando lo vide, tremarono le gambe. Era più bello di quanto si aspettasse, la foto non gli rendeva giustizia. Alto, magro, con le spalle larghe, era incorniciato dagli stipiti della porta come una statua. Stava lì, fermo con le braccia incrociate, che la guardava e le sorrideva. Il suo sorriso! Era bastato quello a farle dimenticare tutto, a sciogliere la tensione accumulata, chilometro dopo chilometro, mentre guidava verso quell’avventura che continuava a considerare folle.

Quando arrivò alla porta, sorridendole lui le prese le borse dalle mani e le cedette il passo per farla entrare. Poggiò i bagagli per terra, chiuse la porta, e si girò verso di lei. Fece un passo avanti, fino ad essere a pochi centimetri da lei, poi con un movimento repentino le mise una mano sul collo e la spinse con tutto il suo corpo verso il muro. Lì per lì fu presa da sgomento, le sue paure riaffiorano tutte insieme. Ma lui continuava a sorriderle dolcemente, la mano si spostò verso la mascella e le aprì leggermente la bocca, sempre tenendola ben ferma e attaccata al muro. La baciò con violenta passione, la sua lingua si infilò nella sua bocca alla ricerca di quella di lei. Con l’altra mano, che finora era rimasta appoggiata alla parete vicino alla sua testa, cominciò ad accarezzarle prima i capelli e poi il volto, per poi tornare ad afferrarle i capelli dietro la nuca. I corpi erano attaccati e lui spingeva il suo contro quello di lei per farle sentire tutta la sua potenza, un preludio di quello che avrebbe fatto più tardi.

Lei, dopo un primo momento di smarrimento e capite le sue reali intenzioni, ricambiò il bacio con la stessa voluttuosa passione. Le braccia, che finora erano rimaste lungo il corpo, iniziarono timidamente ad esplorare il suo amante. Iniziò da quelle mani grandi e forti, poi passò ai polsi, lentamente le sue mani scesero verso i gomiti, per poi risalire lungo i bicipiti (“dio, quanto sono forti!”) e continuarono l’esplorazione fino alle spalle. Ora anche lei aveva afferrato la sua testa e la teneva ferma, premuta contro la sua bocca.

Lui le mise una mano sul fondo schiena, per spingerle il bacino verso il suo, poi le afferrò il sedere con entrambe le mani e la prese in braccio, facendole intrecciare le sue gambe dietro la sua schiena, cosa che lei fece con estrema naturalezza, come fosse un gesto abituale fra di loro.

Sempre senza dire una parola, la portò in camera da letto e la adagiò sul materasso, sovrastandola con il suo corpo. Si poggiò sui gomiti per non schiacciarla, staccò la bocca dalla sua e allontanò la testa per guardarla meglio, le sorrise e disse: “Piacere, Claudio.”


Scritto inedito di clacclo. Riproduzione vietata.


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