Si chiamava Teresa ma si faceva chiamare Terry, diminutivo di terribile. Non che lo fosse realmente, anzi, ma era la frase che si era sentita ripetere più spesso: “sei terribile!” era il commento che la accompagnava ogni volta che la sua libertà si scontrava con la ristretta visione del mondo del piccolo paese della provincia calabra in cui era cresciuta. Per questo aveva colto la prima occasione buona, l’università, per trasferirsi in città. Non a caso scelse la facoltà di farmacia, l’unica che coniugasse i suoi interessi con una distanza da casa che la costringesse ad una vita da “fuori sede”. I quasi vent’anni passati da quella affermazione di indipendenza, da quella fuga dal moralismo bigotto, non erano stati sufficienti a spegnerle quella vocina mortificante che, quando era giù di morale e ripensava alla sua condizione di trentasettenne-single-madre-di-due-figli-da-due-padri-diversi, le ripeteva dentro la testa “sei terribile!”. In genere bastavano un bagno caldo, una bottiglia di vino, un pianto ed un profondo sonno a rimetterla in sesto. Certo, se avesse avuto al suo fianco un Uomo le cose sarebbero andate meglio: una litigata e/o una scopata avrebbero rimesso tutto a posto in meno tempo e con più soddisfazione. In realtà, quello che più le mancava non era il sesso ma proprio i litigi. Non le mancavano i partner occasionali, tutt’altro, ma non arrivava mai ad avere quell’intimità necessaria per sfogare la rabbia e la frustrazione accumulate urlando contro chi ti ama, sapendo che continuerà ad amarti: le mancava il suo sacco da boxe umano.
Quella mattina, approfittando della bella giornata e del suo turno di riposo in farmacia, aveva preso i figli e, anziché portarli a scuola, con loro grande sorpresa li aveva portati al parco. Avrebbero ricordato tutta la vita le giornate passate a zonzo con la madre mentre tutti gli altri coetanei erano in classe: li faceva sentire speciali e rimetteva al giusto posto l’importanza dell’istruzione nei confronti della gioia di vivere. La scena fra Gianna e Marco la vide da lontano, mentre era intenta a spingere due altalene contemporaneamente: da una parte Luca voleva essere spinto per raggiungere le stesse altezze del fratello maggiore; dall’altra Matteo che rinunciava all’autonomia e al ruolo dell’eroe agli occhi del fratello minore, pur di spartirsi le attenzioni della madre. Questo era uno dei momenti in cui un compagno a cui delegare le avrebbe fatto comodo perché, parliamoci chiaro, non c’è nulla di più noioso dello spingere un’altalena, figuriamoci due. Dopo averli sfiancati, per quanto si possano sfiancare due bambini di 5 e 8 anni, andarono in spiaggia per godersi la meraviglia del mare d’inverno e mangiare pizza al taglio e krapfen. L’acqua gelata non gli impedì, neanche a lei, di togliersi le scarpe per prendere a calci le onde sul bagnasciuga. Erano questi momenti di pura e spensierata allegria gioiosa, compreso spingere le altalene, che la ripagavano di tutti i sacrifici di madre lavoratrice e le davano la carica per affrontare un’altra settimana di corse, lavoro, discussioni con i due padri e malinconia per un amore inesistente.
Luca aveva la piscina e Matteo scuola calcio mentre lei, nel frattempo, avrebbe preso un caffè con l’amico di Tinder con cui aveva chattato la sera prima. Non andava matta per questo tipo di incontri, ma era finito il tempo in cui poteva andare al pub con le amiche a fare strage di cuori e questo era l’unico modo per sperare di trovare, fra tanti egocentrici allupati, un uomo che, come lei, vagava per le lande informatiche alla ricerca di una compagnia meno frivola delle sciacquette con la bocca a culo di gallina. Certo, se le cose fossero andate bene avrebbe dovuto aspettare il fine settimana in cui i bambini dormivano dai rispettivi padri, ma era sempre meglio che niente: i giocattoli per adulti che vendeva in farmacia erano utili, ma nessun vibratore la abbracciava e la baciava sensualmente sul collo. Finito di mangiare e persa la battaglia con il mare, che continuava ad arrivare a riva nonostante le pedate, tornarono a casa.
“Pronto, Lucia? Sono Terry, volevo sapere se andate in piscina e, soprattutto, se potevi prendere tu Luca, all’uscita…”
“Pronto, Paola? Sono Terry, volevo sapere se andate a calcio e, soprattutto, se potevi prendere tu Matteo, all’uscita…”
E così, grazie alla solidarietà fra mamme, era riuscita a ritagliarsi un pomeriggio libero per incontrare Adriano. La speranza era sempre che le foto del profilo non fossero vecchie di quindici anni e che, di persona, fosse spigliato come in chat, nel qual caso non le sarebbero bastati i quarantacinque minuti scarsi che le lasciavano le attività sportive dei figli. Si incontrarono al bar di una sua amica complice che, oltre ad essere discreta, svolgeva anche il compito di guardia del corpo: senza farsi notare, fotografava gli uomini che lei incontrava, nel caso si rivelassero maniaci pericolosi. Teresa, dal canto suo, le inviava su Whatsapp la foto della targa delle auto sulle quali la facevano salire. A volte lo faceva in maniera esplicita, così che sapessero bene che non avrebbero potuto farla franca se avessero avuto cattive intenzioni. Già questa era una forma di scrematura: se si sentivano offesi non avevano speranze, mentre su quelli che accettavano serenamente questa tecnologica forma di auto-tutela il giudizio rimaneva in sospeso in attesa di ulteriori sviluppi. Solo una volta le era capitato che l’uomo reagì tanto male da andarsene, evidentemente si era sentito castrato e lei si sentì sollevata per essere stata abbandonata nel parcheggio del bar anziché in una pineta deserta. Adriano, per fortuna, si rivelò all’altezza dell’imperatore romano di cui portava il nome: sicuro ma non pieno di sé, di bell’aspetto (le foto non solo erano recenti, ma non gli rendevano neanche giustizia), simpatico anche di persona e pieno di interessi. La possibilità di un secondo incontro era sempre più concreta. Parlarono quasi due ore, senza mai smettere di guardarsi negli occhi. Al momento di salutarsi, le intenzioni esplicite di entrambi erano di darsi un bacio sulla guancia, ma la sintonia che si era creata fra di loro avvicinò inaspettatamente le labbra fino a baciarsi all’angolo della bocca. L’imbarazzo passò nel momento esatto in cui, allontanate le teste, si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere. Fu allora che lui le prese il viso fra le mani e la baciò appassionatamente, ricambiato. Fu lei, stavolta, che lo prese per mano e lo portò dietro il locale, dove aveva posteggiato la sua station wagon, e lo fece sdraiare sul sedile posteriore per potergli salire sopra. Non era la tipa che si concedeva agli uomini: già la vita decideva per lei il più delle volte e così, per rivalsa, nel sesso non aveva scrupoli a prendere l’iniziativa. Fu rapido, intenso e soddisfacente per entrambi, una buona sveltina, insomma. Prima di separarsi si scambiarono i numeri di telefono, senza darsi appuntamenti.
Tornando a casa recuperò i figli che, eccitati dall’inatteso pomeriggio con gli amichetti, in aggiunta all’inattesa mattinata, non facevano altro che interrompersi per raccontarle quello che avevano fatto in sua assenza. Lei, come ogni madre, aveva imparato ad ascoltarli con un orecchio solo, mentre ripensava al suo, di pomeriggio. Le piaceva davvero, Adriano, o era solo la proiezione dei suoi desideri e bisogni? Si sarebbe accontentato del sesso ricevuto e sarebbe sparito oppure c’era davvero quel qualcosa in più che li aveva fatti conversare senza accorgersi del passare del tempo? Stava ancora facendosi queste domande, dopo aver cenato e messo a letto i bambini, mentre, sul divano, davanti ad un televisore inutilmente acceso, le dita giocavano distrattamente fra le gambe. Una notifica del cellulare la riportò nel mondo reale ed un messaggio apparve sullo schermo.
“Sono stato veramente bene, oggi pomeriggio, e lo pensavo già prima di alzarci dal tavolo…”
Lei arrossì e sentì il cuore accelerare i battiti nel petto, anche la vagina reagì bagnandosi abbondantemente. Restò quasi un quarto d’ora immobile, col telefono in mano, a rileggere il messaggio senza sapere se e come rispondere, poi decise di masturbarsi come si deve: voleva lasciare ancora un po’ di spazio all’idealizzazione, prima di concedersi alla realtà. Inoltre, le avrebbe liberato la mente dai pensieri lubrichi e permesso di essere più lucida.
“Anche io ho passato un bel pomeriggio, e lo dico senza escludere alcun momento…”
<Per fortuna che avrei dovuto essere più distaccata! Sono proprio terribile…> pensò ridendo.
La risposta di Adriano arrivò dopo quasi un’ora, quando lei ormai pensava di averlo fatto scappare per la troppa audacia.
“Scusami, mia moglie mi ha chiesto di far addormentare il bambino, ma non ne voleva sapere ed ho dovuto raccontargli tutti i dettagli del nostro incontro prima che crollasse. Poi, avendo sentito qualcosa, anche lei era curiosa ed ho dovuto ripeterle tutto da capo…”
“Cazzo dici?”
“Scherzavo, ho ricevuto una telefonata. Non ho figli e mia moglie l’ho uccisa e mangiata due anni fa…”
“Fanculo, non si scherza su queste cose!”
“Sul mangiarla, sull’ucciderla o sull’avere una moglie?”
“Sul mangiarla, ovviamente! Sono sempre stata curiosa di sapere che sapore ha la carne umana e se tu l’hai assaggiata mi fai rosicare… XD”
“Beh, dipende… gli stronzi non hanno un buon sapore mentre le gnocche come te sono buonissime!”
“Grazie per la gnocca, ma lo sai che non ti stai facendo una buona pubblicità? Ci siamo appena conosciuti e, per quel che ne so, potresti anche essere un cannibale sul serio… o, peggio, sposato!”
“Tranquilla, mangio solo cani e gatti. Le persone mangiano un sacco di schifezze ed io ci tengo alla salute! E, per lo stesso motivo, non ho una moglie…”
“Ah, meno male! Allora apro un pacchetto di patatine…”
“Ma se ti telefonassi?”
“Io ti risponderei. Forse. Prova e vediamo che succede.”
Successe che lo fece squillare quattro volte, prima di rispondergli.
“Scusa, stavo finendo di masturbarmi…” Perché ogni bugia ha bisogno di un fondo di verità.
“Non c’è problema, puoi anche continuare, se vuoi…”
“Grazie, sei gentile, ma mi è passata la voglia appena ti ho sentito!”
“Faccio sempre questo effetto, ma non riesco a capire perché.”
“Sarà per l’espressione da allupato che si percepisce dalla voce…”
“Beh, oggi non dovrei averla… anzi, sto a posto per altri due mesi. Ancora pubblicità negativa, eh?”
“E già.”
“La verità è che da quando ti ho vista non ci ho più capito nulla, mi sento come un adolescente alla prima cotta e sparo minchiate a raffica per nascondere l’emozione.”
Silenzio. Anche lei aveva perso la testa, ma non voleva scoprire le sue carte troppo presto: aveva già fatto questo errore con il padre di Luca e non voleva ripeterlo. Si era promessa che non avrebbe presentato ai figli nessun uomo con il quale usciva, a meno che non fosse certa che si trattava di quello definitivo, dell’uomo con cui avrebbe passato il resto della vita. Ma era diventata anche molto esigente e selettiva, quindi ci andava con i piedi di piombo dentro ad un contenitore sempre di piombo.
“Vorrei raccontarti tutto di me, vorrei che conoscessi tutti i miei lati, quelli belli e quelli oscuri, e vorrei farlo istantaneamente, tutto e subito. Ovviamente, voglio anche sapere tutto di te, come sei diventata così meravigliosa. Vorrei una pillola della conoscenza: mandi giù e sai tutto dell’altra persona. Oppure la telepatia… Vedi? Continuo a sproloquiare! Sono talmente emozionato che non riesco a smettere di parlare!”
“Taci! Tieni a bada il tuo testosterone… Anzi, no! Raccontami cosa hai pensato quando ti ho sbattuto in macchina.” Usò intenzionalmente un tono deciso, quasi autoritario, anche se lo stava prendendo in giro. Voleva metterlo alla prova sotto stress, una delle mosse successive sarebbe stata fare una scenata, una bella litigata per vedere come si sarebbe comportato.
“E chi pensava? Credo che il sangue avesse abbandonato il cervello per scendere più in basso… Se avessi avuto modo di pensare, probabilmente ti avrei invitata a casa mia…”
“Bene, e lì cosa avresti fatto?” Così avrebbe scoperto anche come intendeva il sesso ed il romanticismo.
“Beh, ti avrei sbattuta sul letto ed avrei finito in trenta secondi! Ma almeno saremmo stati comodi…” Anche lui stava giocando la sua partita, ma al ribasso: voleva stemperare le aspettative per non deluderla.
“Quindi ho fatto bene a non darti la possibilità di parlare, abbiamo risparmiato il tempo di arrivare a casa tua!” Sottintendendo che la prestazione non era durata molto più a lungo e tralasciando il fatto che anche lei era venuta in un istante. Ma doveva metterlo in imbarazzo, ogni mezzo era lecito.
“In verità ti avrei stesa sul letto, questo è vero, ma ti avrei spogliata per poter baciare ogni centimetro della tua pelle, poi mi sarei soffermato a lungo fra le tue gambe…”
“Questo è già più interessante. Continua.”
“Avrei affondato il viso nel tuo seno e baciato i capezzoli mentre ti masturbavo con una mano. I preliminari sarebbero durati finché non avresti implorato o, conoscendoti un po’, finché non te lo saresti preso da sola…”
“Uhmm, adoro i preliminari. Li avrei fatti anche io a te, le cose sarebbero andate per lunghe e non so chi di noi avrebbe implorato chi…”
“Non ci resta che scoprirlo!”
“La fai semplice, tu! Ti ricordo che ho due figli e non li ho ancora mangiati… E poi, chi ti dice che la prossima volta lo rifacciamo? Oggi sono stata io a prenderti, se vuoi che te la dia devi corteggiarmi.”
“Bella questa distinzione, non si finisce mai di scoprire cosa passa per la testa di una donna! E come rigirate le cose sempre a vostro vantaggio! Il maschilismo, il patriarcato… tutte balle: voi ci tenete letteralmente per le palle e siete anche sadiche, ecco la verità!” Disse ridendo.
“Ce ne hai messo, di tempo, per arrivarci! Ora sai con chi hai a che fare… Adesso, però, dobbiamo salutarci: domani sveglia alle sei e devo ancora preparare delle cose.”
“Agli ordini! Ti mando un bacio, buonanotte.”
Lei rispose scoccando un bacio nella cornetta.
“Non ce la faccio, attacca prima tu…” L’aveva detto, che si sentiva come un adolescente.
Click. Lei non lo era. Si addormentò rapidamente, le cose le aveva già preparate dopo cena. Per la prima volta da tanto tempo, la testa non era piena dei pensieri organizzativi per il giorno dopo, era semplicemente vuota, serena, felice. Il giorno dopo sarebbe iniziato con le stesse sensazioni, il primo giorno della sua nuova vita da non più madre-single.
Scritto inedito di clacclo. Riproduzione vietata.

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